Nasce in una famiglia mafiosa ed a undici anni perde, ucciso dalla mafia, il padre Vito, mafioso della famiglia di Partanna.
Sono gli anni dell’ascesa dei corleonesi e della seconda guerra di mafia che li vedrà impegnati in sanguinosi omicidi di uomini delle cosche rivali per la presa del potere.
Alla morte del padre, Rita si lega ancora di più al fratello Nicola ed alla cognata Piera Aiello.
Di Nicola, anch’egli mafioso, Rita raccoglie le più intime confidenze sugli affari e sulle dinamiche mafiose a Partanna.
Nel giugno 1991 Nicola Atria verrà ucciso dalla mafia, e sua moglie Piera Aiello decide di collaborare con la giustizia.
Rita Atria, a soli 17 anni, nel novembre 1991, decide di seguire le orme della cognata, cercando, nella magistratura, giustizia per quegli omicidi.
Il primo a raccogliere le sue rivelazioni fu Paolo Borsellino al quale ella si legò come ad un padre.
Le deposizioni di Rita e di Piera, unitamente ad altre deposizioni hanno permesso di arrestare diversi mafiosi e di avviare un’indagine sul politico Vincenzino Culicchia, per trent’anni sindaco di Partanna.
Una settimana dopo la strage di via d’Amelio, Rita Atria si uccise a Roma dove viveva in segretezza lanciandosi dal settimo piano.
Rita Atria per molti rappresenta un’eroina, per la sua capacità di rinunciare a tutto, finanche agli affetti della madre (che la ripudiò e che dopo la sua morte distrusse la lapide a martellate), per inseguire un ideale di giustizia attraverso un percorso di crescita interiore che la porterà dal desiderio di vendetta al desiderio di una vera giustizia.
Rita (così come Piera Aiello) non era una pentita di mafia: non aveva infatti mai commesso alcun reato di cui pentirsi. Correttamente ci si riferisce a lei come testimone di giustizia, figura questa che è stata legislativamente riconosciuta con la legge 45 del 13 febbraio 2001.
Rita si uccise e ci lasciò un tema, con su scritto:“Forse un mondo onesto non esisterà mai. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo”.