Bergamo, 1 Ottobre 2013 | di Rocco Artifoni
Sull’aumento dell’IVA
Le contraddizioni della classe politica, la chiarezza dei Costituenti
Dopo diversi rinvii alla fine è arrivato. L’aumento dell’aliquota IVA dal 21% al 22% è in vigore dal 1° ottobre 2013. È il caso di ricordare che l’IVA è stata introdotta in Italia nel 1973 con l’aliquota del 12%. In 40 anni ci sono stati 9 aumenti. Il più recente l’ha effettuato il Governo Berlusconi il 17 settembre 2011, quando l’IVA è passata dal 20% al 21%. Oggi proprio coloro che hanno deciso quell’aumento si presentano come i maggiori avversari del nuovo aumento, senza alcuna spiegazione e tanto meno autocritica su quanto hanno fatto due anni fa. Infatti, pochi giorni fa il vice Presidente del Consiglio dei Ministri Angelino Alfano ha dichiarato: “non stiamo con chi aumenta le tasse”. L’ex Ministro Mariastella Gelmini ha addirittura attribuito la responsabilità dell’ultimo aumento dell’IVA al Governo Monti, come se non sapesse che l’aumento dell’aliquota IVA al 21% l’ha decisa proprio il Governo di cui Lei faceva parte, che si è dimesso due mesi dopo (16 novembre 2011).
È evidente che la situazione politica è contraddittoria e paradossale. L’unica certezza è che l’aumento dell’imposta sui consumi è un danno per il Paese ed in particolare per i più poveri. Lo sapevano bene i Padri costituenti, in particolare Salvatore Scoca, che è stato il relatore dell’art. 53 della Costituzione:“Non si può negare che una Costituzione la quale, come la nostra, si informa a principî di democrazia e di solidarietà sociale, debba dare la preferenza al principio della progressività.
Ma se consideriamo che più dei tributi diretti rendono i tributi indiretti e questi attuano una progressione a rovescio, in quanto, essendo stabiliti prevalentemente sui consumi, gravano maggiormente sulle classi meno abbienti, si vede come in effetti la distribuzione del carico tributario avvenga non già in senso progressivo e neppure in misura proporzionale, ma in senso regressivo. Il che costituisce una grave ingiustizia sociale, che va eliminata, con una meditata e seria riforma tributaria.
Si deve invertire questa situazione. Possiamo mantenere le imposte sui consumi purché si attui una riduzione notevolissima delle loro aliquote, e si determinino gli imponibili nella loro consistenza effettiva. Se ciò faremo, potremo potenziare l’imposta progressiva sul reddito e farla diventare la spina dorsale del nostro sistema tributario. Con l’alleggerire la pressione delle imposte proporzionali, che colpiscono separatamente le varie specie di redditi, avremo margine per colpire unitariamente e progressivamente il reddito globale. Per tal modo si potrà informare il nostro sistema fiscale al criterio della progressività.
Non si può negare che il cittadino, prima di essere chiamato a corrispondere una quota parte della sua ricchezza allo Stato, per la soddisfazione dei bisogni pubblici, deve soddisfare i bisogni elementari di vita suoi proprî e di coloro ai quali, per obbligo morale e giuridico, deve provvedere. Da ciò discende la necessità della esclusione dei redditi minimi dalla imposizione; minimi che lo Stato ha interesse a tenere sufficientemente elevati, per consentire il miglioramento delle condizioni di vita delle classi meno abbienti, che contribuisce al miglioramento morale e fisico delle stesse ed in definitiva anche all’aumento della loro capacità produttiva. Da ciò discende pure che debbono essere tenuti in opportuna considerazione i carichi di famiglia del contribuente. Sono, questi, aspetti caratteristici di quella capacità contributiva, che si pone a base dalla imposizione”.
Salvatore Scoca aveva a cuore il bene comune, che significa anzitutto promuovere chi è più povero. La sua proposta di riforma del sistema fiscale sarebbe oggi a maggior ragione valida: meno imposte sui consumi (IVA) e più deduzione per le spese di mantenimento e per i carichi famigliari, meno tasse sui redditi bassi e più imposizione fiscale sui ricchi. Ma questo – purtroppo – è l’esatto opposto di quello che si è fatto e che si sta facendo.
Come siamo caduti in basso …