Bergamo, 24 Aprile 2013 | di Rocco Artifoni
Riforme istituzionali: vecchi azzeccagarbugli e nuovi conservatori
1) In Italia abbiamo una Costituzione da 66 anni. Si tratta di una Costituzione che non si limita ad una – seppur giusta e doverosa – enunciazione di principi o dichiarazione di diritti, ma che ha una chiara visione programmatica. Per rendersene conto è sufficiente qui citare il secondo comma dell’art. 3: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale…”. Periodicamente sarebbe logico aspettarsi che la classe politica facesse il punto dell’attuazione del programma costituzionale. Ogni legislatura e ogni governo dovrebbe farlo, chiedendosi: dove siamo arrivati? Quali articoli non sono stati ancora attuati pienamente? In quali casi sono stati addirittura “traditi”? Quali sono i provvedimenti da prendere rapidamente? Questa sarebbe una seria analisi, una politica di alto profilo. Purtroppo, di tutto ciò s’è visto molto poco.
2) Negli ultimi 20 anni schieramenti politici di ogni tipo, una volta conquistata la maggioranza dei seggi in Parlamento, immancabilmente si ripromettono di modificare – più o meno radicalmente – la Costituzione. Di solito non si parte da un’analisi razionale dello stato di attuazione e dei problemi eventualmente incontrati. Si parte da una posizione pregiudiziale, in cui si è già stabilito a priori che cosa si deve cambiare: può essere il federalismo o il centralismo, poco importa. Ciò che importa è cambiare verso e fare in fretta.
3) Eppure – come tutti dovrebbero sapere – le Costituzioni nascono per durare decenni, anzi secoli, come ad esempio quella americana, in vigore dal ‘700. Le Costituzioni sono testi da maneggiare con cura, con misura, con ponderazione. Le Costituzioni sono presbiti per natura: guardano verso il futuro. Spesso abbiamo l’impressione che i novelli riformatori abbiamo tempi brevi, uno sguardo miope. Come diceva un giurista americano, ripreso da De Gasperi, “lo statista guarda alle prossime generazioni, il politico alle prossime elezioni”.
4) Le eventuali riforme della Costituzione dovrebbero essere approvate dai rappresentanti del popolo (parlamentari) ed eventualmente dal popolo sovrano (referendum). Resta sempre difficile da comprendere perché spesso e volentieri ci si metta in mezzo – come se fosse il principale protagonista – il Governo. È il caso di ricordare che nella vigente Costituzione il principale Organo di garanzia è la Corte Costituzionale, i cui membri sono eletti dal Parlamento, dal Presidente della Repubblica e dalla Magistratura. Il Governo non c’entra in alcun modo, proprio perché si tratta di un potere “esecutivo” e non “riformatore”. A volte in Italia – invece – sembra che uno dei principali compiti del Governo sia la riforma della Costituzione.
5) La revisione costituzionale è disciplinata dall’art. 138 della Costituzione. Il Parlamento può approvare modifiche costituzionali secondo le procedure speciali previste da questo articolo. Ma nella recente sentenza della Corte Costituzionale che ha abrogato alcune parti della legge elettorale per il Parlamento (il cosiddetto “porcellum”) si dice che tale normativa era “incompatibile con i principi costituzionali in base ai quali le assemblee parlamentari sono sedi esclusive della rappresentanza politica nazionale, (…) ad esse sono affidate funzioni fondamentali (…) tra le quali anche le delicate funzioni connesse alla garanzia della Costituzione (art. 138)”. In altre parole, l’attuale Parlamento e Governo si fondano su una legge elettorale che è incostituzionale proprio perché produce “un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica, sulla quale si fonda l’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente”. Di conseguenza, tenuto conto del “peccato originale” da cui nascono l’attuale Parlamento e il conseguente Governo, sarebbe semplice e doveroso buon senso evitare di mettere mano alla Costituzione, lasciando questo compito a chi verrà eletto con una legge elettorale “basata sul principio fondamentale di eguaglianza del voto (art. 48)”.
6) Molti costituzionalisti hanno sollevato dubbi sul disegno riformatore del Governo sia della legge elettorale che della Costituzione. La replica di un Ministro è stata di questo tenore: i Costituzionalisti fanno il loro mestiere, noi politici ne facciamo un altro e dobbiamo prendere le decisioni. Per favore qualcuno ricordi al Ministro quanto sta scritto nell’art. 54 (“tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione…”) e soprattutto spieghi che la Costituzione sta sopra le leggi del Parlamento e i provvedimenti del Governo. Sono le leggi e i decreti che devono stare nel solco della Costituzione e non il contrario.
7) Quando si vuole modificare la Costituzione, bisognerebbe farlo in modo “puntuale” e per argomenti omogenei. È illogico proporre una modifica che comprende – in un unico progetto – tematiche molto diverse tra loro. Il disegno di legge costituzionale presentato dal Governo Renzi si intitola: “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione”. Si dà per scontato che si debba essere d’accoro su tutto o contrari a tutto. Prendere o lasciare in blocco. O si sta con chi vuole le riforme o si è conservatori. In realtà si vuole creare artificialmente due tifoserie: pro o contro il Governo. Un pessimo modo di procedere per realizzare modifiche costituzionali.
8) Se qualche studioso della Costituzione si permette di far notare alcune incongruenze nel progetto di revisione presentato dal Governo, anziché essere ringraziato per aver ottemperato con scrupolo al proprio compito, viene sbeffeggiato come “professorone”. Con ciò si dimentica che l’attuale Costituzione per tanti aspetti è merito di quelli che venivano chiamati “i professorini”. Le Costituzioni si scrivono e si modificano con un significativo approfondimento e attraverso il confronto tra le migliori risorse culturali di un Paese. Non si fanno con il motto “facciamo presto”. La fretta di solito è nemica del bene comune.
9) Il testo della Costituzione approvato nel dicembre del 1947 è stato scritto in modo chiaro e comprensibile a tutti. In fondo era un atto dovuto. Si tratta del patto di cittadinanza e ogni cittadino deve essere in grado di comprenderlo, per poterlo rispettare e per impegnarsi a realizzarlo. Le successive modifiche non sempre hanno mantenuto questa forma semplice e accessibile a tutti. Il progetto di riforma presentato dal Governo in alcuni passaggi è degno del peggior azzeccagarbugli. Basti citare un passaggio del nuovo art. 70: “Per i disegni di legge che dispongono nelle materie di cui agli articoli 57, comma terzo, 114, comma terzo, 117, commi secondo, lettere p) e u), quarto, sesto e decimo, 118, comma quarto, 119, 120, comma secondo, e 122, comma primo, nonché…”. Non è possibile approvare ciò che non si può capire. Prima di porsi l’obiettivo di cambiare la Costituzione bisognerebbe avere l’umiltà di imparare a scrivere in modo comprensibile, affinché il cittadino elettore possa capire e decidere responsabilmente.
10) La Costituzione non è immodificabile. Infatti, nel corso dei decenni è stata emendata decine di volte. Anche oggi avrebbe bisogno di alcuni aggiornamenti. Per esempio, per aggiungere alla tutela del paesaggio anche i diritti della natura o i doveri verso l’ambiente. Oppure per tener conto del potere della televisione e di internet, e non soltanto della libertà di stampa. O magari anche per porre argini all’abuso di potere della finanza globale, visto che uno dei principali compiti di una Costituzione è la limitazione dei poteri. O infine anche dare più certezza ai cittadini che vogliono essere protagonisti della politica. Per esempio, all’art. 71, laddove si dice che “il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”, si potrebbe aggiungere che il Parlamento “deve votare sulla proposta entro tre mesi”, per evitare che finisca in un cassetto come attualmente spesso capita. Ma nel progetto del Governo queste modifiche non ci sono. Chi sono i conservatori?